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I verdolini
Grimm Märchen

I verdolini - Fiaba di Hans Christian Andersen

Tempo di lettura per bambini: 6 min

Alla finestra c’era un cespuglio di rose, fino a poco tempo prima era fresco di gioventù, ora sembrava malato, soffriva per qualcosa. Qualcuno vi si era stabilito e lo stava divorando; erano truppe di occupazione molto ben educate, in uniforme verde. Parlai con uno degli occupanti, aveva solo tre giorni e era già nonno. Sai cosa disse? Disse cose vere: parlò di sé e di tutta la truppa di occupazione. «Siamo il reggimento più strano fra tutte le creature della terra. Quando fa caldo mettiamo al mondo dei piccoli già perfettamente formati: il tempo è bello, quindi ci fidanziamo e subito dopo festeggiamo il matrimonio. Mentre col freddo deponiamo le uova, così i piccoli se ne stanno al caldo. L’animale più intelligente, la formica, è molto stimata da noi, ci studia e ci apprezza. Non ci divora subito, prende le nostre uova e le mette nel formicaio comune, ci porta al piano inferiore, ci depone con molta competenza uno sull’altro, uno di fianco all’altro, in modo che ogni giorno uno nuovo esca dall’uovo. Poi ci porta nella stalla, ci lega le zampe posteriori, ci munge e così moriamo. È proprio un gran piacere! Presso di loro abbiamo un nome davvero grazioso: „Piccole mucche da latte!.“ Tutti gli animali che hanno l’intelligenza delle formiche ci chiamano allo stesso modo, solo gli uomini no, e questa è per noi una grande offesa, tanto da farci perdere la nostra dolcezza. Lei non può scrivere qualcosa, non può aiutare questi uomini a capire?! Loro ci guardano in modo così stupido con i loro occhi dispettosi: solo perché mangiamo un petalo di rosa, mentre loro stessi mangiano tutte le creature viventi, tutto quello che è verde e che cresce. E poi ci danno un nome terribile, un nome disgustoso; non lo dirò, oh, mi viene la nausea! Non riesco a dirlo, per lo meno quando sono in uniforme, e io sono sempre in uniforme. «Sono nato su un petalo di rosa, io e tutto il reggimento viviamo di questo rosaio, ma il rosaio vive di nuovo in noi e appartiene a una categoria superiore. Gli uomini non ci sopportano, vengono a ucciderci con l’acqua saponata, una bevanda terribile! Mi sembra già di sentirne l’odore. È proprio tremendo venire lavati, quando si è nati per non essere lavati. «Uomo, tu che mi guardi con quegli occhi severi color acqua saponata, pensa al nostro posto nella natura, alla nostra straordinaria capacità di deporre le uova e di far crescere i piccoli! È il compito che ci è stato affidato, quello di „moltiplicarci.“ Nasciamo tra le rose e moriamo tra le rose. Tutta la nostra vita è poesia. Non chiamarci con quel nome che tu stesso trovi brutto e disgustoso, quel nome non lo dico, non lo nomino! Chiamaci mucche da latte delle formiche, reggimento del rosaio, verdolini! »

E io, uomo, continuai a guardare quell’albero, e i verdolini il cui nome non oso dire per non offendere un cittadino della rosa, una grande famiglia con le uova e con i piccoli. L’acqua saponata con cui volevo lavarvi (perché ero venuto con l’acqua saponata e con pessime intenzioni) la sbatterò e ci soffìerò dentro per formare tante bolle di sapone di cui ammirerò lo splendore, e forse in ognuna ci sarà una fiaba. La bolla divenne grandissima, con colori sgargianti, e in mezzo c’era una specie di perla d’argento, posata sul fondo. La bolla oscillò, si sollevò, volò verso la porta e scoppiò, ma la porta si aprì e lì c’era madre fiaba in persona. «Bene, ora lei saprà raccontare meglio di me la storia di… non oso dirne il nome!… dei verdolini. »

«Pidocchi delle piante! » disse madre fiaba. «Bisogna dare a ogni cosa il giusto nome, e se non si osa farlo nella realtà, bisogna poterlo fare almeno nella fiaba. »

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Contesto

Interpretazioni

„I verdolini“ di Hans Christian Andersen è una breve fiaba che affronta il tema del rapporto tra umani e natura attraverso la storia di un dialogo immaginario tra un uomo e un minuscolo abitante di un cespuglio di rose: un afide, comunemente e dispregiativamente chiamato „pidocchio delle piante“. Nella fiaba, l’afide, che fa parte di un „reggimento“ vestito di verde, spiega la sua esistenza dal suo punto di vista, sottolineando la loro importanza nel ciclo della vita e il trattamento che ricevono dalle formiche, che li allevano come „mucche da latte“ per il loro miele.

Il piccolo afide esprime disgusto per il modo in cui gli uomini lo etichettano e trattano, richiamando l’attenzione su come gli umani consumino avidamente la natura. Mentre l’uomo stava per eliminare gli afidi con acqua saponata, decide invece di ammirare le loro vite e le bolle di sapone, rivelando un cambiamento di prospettiva: dal desiderio di distruzione alla contemplazione e apprezzamento delle meraviglie della natura.

La storia si conclude con „madre fiaba“ che chiarisce che, nonostante la bellezza e poesia che circondano la vita degli afidi, è importante chiamare le cose con il loro vero nome, anche nella narrazione delle fiabe. Questo suggerisce una riflessione sull’importanza di affrontare la verità, indipendentemente da quanto possa essere scomoda, e di trovare la bellezza e il significato anche nelle creature più piccole e spesso disprezzate.

Questa storia di Hans Christian Andersen, „I verdolini,“ offre un’interessante interpretazione della relazione tra uomini e natura attraverso il dialogo tra un uomo e una colonia di pidocchi delle piante, alberghieri di un cespuglio di rose. Il testo utilizza un linguaggio poetico e un tono scherzoso per esplorare temi complessi come l’interconnessione tra esseri viventi e la percezione umana della natura.

Attraverso la voce del pidocchio, Andersen ci invita a considerare il punto di vista delle creature spesso considerato insignificanti o fastidiose. La personificazione dei pidocchi in „verdolini“ con una struttura sociale organizzata e un loro ruolo ecologico sfida il lettore a riflettere sulla propria percezione di tali esseri. Il pidocchio offre una critica alla mancanza di comprensione dell’uomo, sottolineando l’importanza di ogni creatura nel grande schema della natura.

Alla fine della storia, il protagonista umano rinuncia al suo intento di sterminare i pidocchi con acqua saponata e si apre a una visione alternativa, quella della bellezza e della poesia della vita, come rappresentata dalle bolle di sapone. Tuttavia, la comparsa di Madre Fiaba e il nome rivelato („Pidocchi delle piante“) riportano alla realtà, sottolineando la necessità di chiamare le cose col loro nome pur apprezzando la loro bellezza e complessità.

In sintesi, Andersen ci offre una riflessione sull’armonia e la poesia della natura, sollecitando una maggiore umiltà e apertura verso il mondo naturale e le sue piccole creature.


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TraduzioniDE, EN, DA, ES, IT
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Coleman–Liau Indice11.2
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