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Storia di una madre
Grimm Märchen

Storia di una madre - Fiaba di Hans Christian Andersen

Tempo di lettura per bambini: 13 min

Una madre sedeva accanto al suo bambino, era molto triste e temeva che morisse. Era così pallido, con gli occhietti chiusi, respirava a fatica e ogni tanto tirava un sospiro, ansimante quasi un gemito; la madre lo guardava allora col cuore ancora più addolorato.

Bussarono alla porta e entrò un povero vecchio, avvolto in una grande coperta di quelle che si mettono di solito sui cavalli e che teneva molto caldo, e proprio di questo lui aveva bisogno, perché era un inverno rigido: fuori tutto era coperto di neve e di ghiaccio e il vento soffiava da tagliare il viso. Il vecchio tremava per il freddo, e poiché il bambino si era assopito un momento, la madre andò a mettere della birra sulla stufa, affinché si scaldasse e potesse riscaldare il vecchio mentre lui cullava il bambino, poi gli sedette accanto, guardò i bambino malato che respirava a fatica, e gli sollevò una manina.

«Credi che lo perderò? » chiese. «Il Signore non vorrà togliermelo! »

Il vecchio, che era la morte in persona, fece un cenno molto strano che poteva significare sì o no. La madre abbassò lo sguardo e le lacrime le scorsero lungo il viso; la testa le si appesantì; per tre giorni e tre notti non aveva chiuso occhio e ora si assopì, ma solo per un istante, poi sussultò, con un brivido di freddo. «Che è successo? » esclamò guardando da ogni parte. Il vecchio se n’era andato, e anche il suo bambino era sparito; il vecchio l’aveva portato via con sé. Dall’angolo giungeva il tic-tac dell’orologio, poi il grande pendolo rotolò sul pavimento, bum! e anche l’orologio si fermò. La povera madre si precipitò fuori casa chiamando il suo bambino. Là fuori, nella neve, si trovava una donna con un lungo abito nero che le disse: «La morte è stata a casa tua, l’ho vista uscire di corsa col tuo bambino; va più veloce del vento e non riporta mai quello che ha preso! ». «Dimmi da che parte è andata! » implorò la madre «dimmi la direzione e io la troverò. »

«Io la conosco! » rispose la vecchia vestita di nero «ma prima che te lo dica, devi cantare per me tutte le canzoni che hai cantato al tuo bambino! Mi piacciono molto, le ho già sentite perché io sono la notte, e ho visto le tue lacrime mentre le cantavi! »

«Te le canterò tutte, tutte! » rispose la madre «ma non mi fermare ora, devo raggiungerli, devo trovare mio figlio! »

Ma la notte rimase muta e immobile, e la madre, torcendosi le mani, cantò e pianse; erano molte le canzoni, ma erano molte di più le lacrime! Infine la notte disse: «Vai a destra e inoltrati nel buio bosco di abeti, lì ho visto dirigersi la morte col tuo bambino». Nel bosco le strade si incrociavano e la povera donna non seppe più da che parte andare; vide un rovo, senza più fiori né foglie, perché era inverno, e dai rami pendevano soltanto ghiaccioli. «Hai forse visto passare la morte e il mio bambino? »

«Sì» rispose il rovo «ma non ti dirò da che parte sono andati se non mi riscalderai sul tuo cuore! Sto morendo di freddo e sono tutto gelato! ». E lei strinse forte al petto il rovo, affinché questo si riscaldasse; le spine le penetrarono nella carne e da lì sgorgarono grosse gocce di sangue, ma al rovo spuntarono in quella gelida notte invernale nuove foglioline verdi e sbocciarono fiori; tanto ardeva il cuore di quella madre in pena! Il rovo le indicò poi la strada. Lei giunse a un grande lago, dove non c’erano né navi né barche. Il lago non era gelato tanto da poterla reggere, ma neppure era tanto basso che potesse attraversarlo a guado pure doveva attraversarlo, se voleva ritrovare il suo bambino. Allora si chinò per bere tutta l’acqua del lago; non era una cosa possibile per un essere umano, ma poteva sempre avvenire un miracolo. «No, è impossibile! » le disse il lago «cerchiamo invece di metterci d’accordo. Io colleziono perle e i tuoi occhi sono le perle più lucenti che abbia mai visto. Se piangerai tanto da farli cadere dentro di me, ti porterò sull’altra riva, alla grande serra dove la morte abita e coltiva alberi e piante; ognuno di loro è una vita umana. »

«Oh, cosa non darei per raggiungere mio figlio! » esclamò la madre piangendo, e pianse finché gli occhi caddero nel lago trasformandosi in due perle preziose. Il lago allora la sollevò, e a lei sembrò di essere in altalena, e volò in un colpo solo fino all’altra riva, dove si trovava una dimora molto strana che si estendeva per miglia e miglia e non si capiva se era una montagna con boschi e grotte, o se era stata edificata ma la povera madre non potè vederla, perché non aveva più gli occhi per il gran piangere. «Dove posso trovare la morte, che s’è presa il mio bambino? » chiese la madre. «Qui non è ancora arrivata» rispose la vecchia becchina che faceva la guardia alla grande serra della morte. «Come hai fatto a arrivare fin qui, chi ti ha aiutato? »

«Il Signore mi ha aiutata! » rispose la madre. «Egli è misericordioso e siilo anche tu: dove posso trovare il mio bambino? »

«Io non lo conosco» rispose la donna «e tu non ci vedi! Molti fiori e molte piante sono appassiti questa notte e la morte arriverà presto per trapiantarli. Tu sai che ogni essere umano ha il suo albero della vita o il suo fiore, a seconda di come ciascuno è fatto. Apparentemente sono come le altre piante della natura, ma hanno un cuore che batte. Anche il cuore dei bambini batte! Ascoltali! Forse saprai riconoscere quello di tuo figlio. Ma che cosa mi dai, perché ti dica che altro devi fare? »

«Non ho nulla da darti» disse la madre afflitta «ma andrei in capo al mondo per te! »

«No, non ho nulla da fare là! » rispose la donna «ma mi puoi dare i tuoi lunghi capelli neri. Tu stessa sai quanto sono belli e a me piacciono! Avrai i miei capelli bianchi in cambio. È sempre qualcosa! »

«Se non desideri altro» le rispose la madre «te li do con gioia! » e così le diede i suoi bei capelli neri e ricevette quelli della vecchia, bianchi come la neve. Entrarono nella grande serra della morte, dove fiori e piante crescevano mescolati in modo strano. C’erano sottili giacinti sotto campane di vetro e c’erano peonie grosse e robuste; crescevano piante acquatiche, alcune molto fresche, altre un po‘ malate; vi si appoggiavano le bisce acquatiche, e i granchi neri ne afferravano gli steli. C’erano splendide palme, platani e querce, piantine di prezzemolo e di timo fiorito; ogni albero e ogni fiore aveva il suo nome e ognuno rappresentava una vita umana, una persona ancora in vita, in Cina, in Groenlandia, in tutto il mondo. C’erano grandi piante in vasi molto piccoli, che soffocavano e sembrava che stessero per spezzare il vaso, c’erano anche da molte parti piccoli fiori insignificanti piantati nella terra, circondati dal muschio, ben custoditi e curati. La madre afflitta si chinava sulle piante più piccole e ascoltava il loro cuore che batteva, e tra milioni di cuori riconobbe quello del suo bambino. «È questo! » gridò, e tese la mano verso un piccolo croco azzurro, debolmente piegato da un lato. «Non toccare il fiore! » gridò la vecchia «mettiti qui e quando la morte arriverà, e sarà qui tra poco, impediscile di strappare la pianta minacciando di strappare tutti gli altri fiori. Avrà paura, perché ne risponde davanti al Signore, e nessuno può sradicarli senza il suo permesso. »

Improvvisamente soffiò un’aria gelida per il salone e la madre cieca capì che la morte stava arrivando. «Come hai fatto a arrivare fin qui? » le chiese «come hai potuto arrivare prima di me? »

«Sono una madre! » rispose lei. E la morte tese la sua lunga mano verso quel fiorellino delicato, ma lei vi tenne sopra le mani sfiorandolo quasi e temendo di toccare uno solo dei suoi petali. Allora la morte soffiò su quelle mani, e lei sentì che era ben più fredda del vento gelato, e le sue mani ricaddero inerti. «Tu non puoi nulla contro di me! » disse la morte. «Ma lo può il Signore! » rispose la madre. «Io faccio ciò che Lui vuole! » replicò la morte. «Io sono il suo giardiniere! Colgo tutte le sue piante e i suoi fiori e li ripianto nel grande giardino del paradiso, in una terra sconosciuta, ma non oso raccontarti come vi crescano e come sia il luogo. »

«Rendimi mio figlio! » supplicò la madre piangendo, e improvvisamente afferrò due bei fiori che si trovavano lì vicino e gridò alla morte: «Strapperò tutti i tuoi fiori! Sono disperata! ». «Non toccarli! » disse la morte. «Dici di essere infelice e ora vuoi rendere un’altra madre altrettanto infelice? »

«Un’altra madre? » chiese la povera donna, lasciando immediatamente i due fiori. «Ecco i tuoi occhi, li ho ripescati dal lago» disse la morte «splendevano lucentissimi, ma non sapevo che fossero tuoi. Riprendili, ora vedrai meglio di prima; guarda nel pozzo profondo qui vicino: io chiamerò per nome i due fiori che tu volevi strappare, così potrai vedere il loro futuro, la loro vita di uomini; guarda quello che volevi turbare e distruggere! »

La madre guardò nel pozzo; era una gioia osservare come uno dei fiori diventasse una benedizione per il mondo, e quanta gioia e felicità si spandesse intorno a lui. Poi guardò la vita dell’altro fiore, e era solo dolore e miseria, orrore e infelicità. «Entrambi sono volontà di Dio! » commentò la morte. «Quali dei due fiori è quello dell’infelicità e quale quello della benedizione? » chiese la madre. «Non te lo dico» rispose la morte «ma sappi che uno dei due fiori è quello di tuo figlio; hai visto il destino di tuo figlio, il suo futuro! »

La madre gridò di terrore: «Quale dei due era mio figlio? Dimmelo! Salva l’innocente! Salva mio figlio da tutta quella miseria! Portalo via, piuttosto! Portalo nel regno di Dio! Dimentica le mie lacrime, dimentica le mie preghiere e tutto quello che ho detto e fatto! ». «Non ti capisco! » disse la morte «vuoi riavere tuo figlio oppure devo portarlo nel paese che ti è sconosciuto? »

La madre si gettò in ginocchio e, torcendosi le mani, pregò il Signore: «Non ascoltarmi, se prego contro la tua volontà, che è la migliore! Non ascoltarmi! Non ascoltarmi! ». E piegò il capo in grembo. La morte se ne andò col bambino in quel paese sconosciuto.

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Contesto

Interpretazioni

La fiaba „Storia di una madre“ di Hans Christian Andersen è un racconto toccante e profondo che esplora temi quali l’amore materno, la perdita, e i misteri del destino e della vita. Inizia con una madre angosciata, seduta accanto al suo bambino malato, il cui respiro è fievole e i cui occhi sono chiusi per la febbre. Preoccupata che la morte possa portarlo via, la madre riceve la visita di un vecchio, che presto si rivela essere la morte stessa. Quando la madre si addormenta per un breve momento, la morte porta via il bambino.

Inizia così l’odissea della madre attraverso un paesaggio simbolico e invernale. Disperata, incontra vari personaggi simbolici—come la Notte, un rovo e un lago—ognuno dei quali chiede un sacrificio personale in cambio di indizi su dove trovare la morte e il bambino. La madre, piena d’amore e determinazione, accetta ogni sfida, sacrificando il proprio conforto, le sue lacrime e persino i suoi occhi per avanzare nel suo cammino.

Alla fine arriva alla serra della Morte, dove le vite umane sono rappresentate come fiori. Dopo aver riconosciuto il cuore pulsante del suo bambino in un piccolo croco, la madre tenta di proteggere il fiore dalle mani della Morte. Tuttavia, viene messa alla prova quando vede il futuro possibile di due fiori simili: uno conduce a una vita di felicità, e l’altro a una vita di miseria. Non sapendo quale dei fiori rappresenti suo figlio, la madre si rende conto della sua impotenza di fronte al destino.

Il racconto culmina con la madre in ginocchio davanti alla Morte, pregando che la volontà superiore prevalga, anche se questa significa la perdita del suo bambino. La storia si conclude con la partenza della Morte col bambino, lasciando la madre nel suo dolore, ma anche nel riconoscimento della superiorità del volere divino nei piani dell’esistenza.

„Storia di una madre“ è un racconto che riflette sulle difficoltà della genitorialità, sull’accettazione del dolore e della perdita, e sulla comprensione dei limiti del controllo umano sul destino. Attraverso i suoi simboli e sacrifici, la storia mette in luce la profondità dell’amore materno e la serenità che può essere trovata nell’accettare la misteriosa natura del destino.

La fiaba „Storia di una madre“ di Hans Christian Andersen offre numerosi spunti di riflessione e può essere interpretata in diversi modi.
Il Dolore Materno e l’Accettazione della Morte: Una delle interpretazioni principali è il tema del dolore materno di fronte alla possibilità di perdere un figlio. La madre affronta diverse prove e dimostra un’incrollabile determinazione nel cercare di recuperare il suo bambino. Tuttavia, alla fine, si rende conto che la volontà divina è superiore e accetta il destino di suo figlio. La storia esprime il difficile percorso di accettazione del lutto e l’idea che la morte faccia parte della vita stessa.

Il Sacrificio e l’Amore Incondizionato: La madre è disposta a sacrificare tutto, incluso il suo aspetto fisico (come i capelli) e persino la propria pace emotiva per riavere il suo bambino. Questo può essere visto come un simbolo dell’amore incondizionato che un genitore ha per il proprio figlio e delle lunghezze estreme a cui è disposto ad arrivare per il suo bene.

La Dualità del Destino e del Libero Arbitrio: La fiaba affronta la complessità del destino umano. La madre è costretta a confrontarsi con l’idea che il futuro del suo bambino possa essere fatto di grande felicità o di profonda tristezza. L’incertezza del destino e il fatto che non possa controllarlo mettono in luce il tema del libero arbitrio e della fede nel disegno divino.

Il Ciclo della Vita e della Morte: Attraverso il giardino della morte, Andersen illustra il ciclo naturale della vita e della morte. Ogni vita umana è rappresentata come un fiore, e la morte, presentata come giardiniere, ripianta le anime in un „grande giardino del paradiso“. Questo può essere visto come un modo per spiegare la morte in un contesto naturale e meno minaccioso, rendendo l’idea di morte più accettabile.

La Fiducia nel Disegno Divino: La fiaba invita i lettori a riporre fiducia nel disegno divino, anche quando le sue ragioni sono incomprensibili e sembrano ingiuste. La madre, alla fine, prega che le sue suppliche non siano ascoltate se non sono in linea con la volontà di Dio, dimostrando la sua fede e accettazione finale del piano divino.

„Storia di una madre“ è una fiaba che riesce a toccare profondamente il dolore e la speranza umana attraverso un racconto simbolico e commovente, lasciando spazio a interpretazioni personali e riflessioni sulla perdita e sull’amore.


Informazioni per analisi scientifiche

Indicatore
Valore
TraduzioniDE, EN, DA, ES, IT
Indice di leggibilità di Björnsson39.9
Flesch-Reading-Ease Indice24.4
Flesch–Kincaid Grade-Level12
Gunning Fog Indice18.4
Coleman–Liau Indice10.5
SMOG Indice12
Indice di leggibilità automatizzato8.3
Numero di caratteri2.171
Numero di lettere1.707
Numero di frasi22
Conteggio parole382
Parole medie per frase17,36
Parole con più di 6 lettere86
Percentuale di parole lunghe22.5%
Sillabe totali744
Sillabe medie per parola1,95
Parole con tre sillabe109
Parole di percentuale con tre sillabe28.5%
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